Uffa, sarebbe proprio il motivo per cuiGigi Miracol mi ha proposto di andare a trovare Casa Belfi, e non ne posso parlare perché è ancora troppo presto.
Toccherà aspettare almeno settembre, quindi niente scoop.
Arrivo nel tardo pomeriggio quando ancora c’è una luce decente per scattare qualche foto. Cielo azzurro, terso, sembra tutto perfetto. Parcheggio, prendo la macchina fotografica ed ecco che si palesa un bel nuvolone in pieno stile fantiozziano.
Riesco comunque a fare un giretto per le vigne mentre attendo l’arrivo di Maurizio, che finalmente dopo un periodo di piogge e clima autunnale sta facendo i trattamenti con rame, zolfo e microrganismi utili, e Gigi che sta arrivando con il suo camper vintage da qualcuno definito “un’ambulanza cecoslovacca dismessa”.
Stiamo bevendo un 2013, sicuramente ancora acerbo, ma già presenta quei profumi citrini e quel senso di piacevole astringenza che rimane sulla lingua. Bollicine tenui, delicate, che lasciano una grande pulizia. Il Colfòndo Casa Belfi è il classico vino che si può stappare in qualunque momento, leggero di gradazione gradevole al gusto, da bere in compagnia.
E’ ottenuto da uve vendemmiate a mano e pressate immediatamente, poi fermentate in acciaio con i lieviti indigeni. Dopo un affinamento in vasca di circa sei mesi, senza alcuna chiarificazione e senza filtraggi, il vino viene messo in bottiglia dove rifermenta naturalmente per poi riposare qualche altro mese.
Maurizio, che nel frattempo si è unito a noi, ci spiega come non si limiti a seguire i regolamenti e le pratiche biologiche e biodinamiche, ma cerchi davvero di lasciare al vino la possibilità di esprimere al massimo le uve, il territorio e l’annata in cui nasce. Pone le distanze tra il suo modo di accompagnare il vino nel suo percorso e chi si dichiara biologico ma interviene in cantina destreggiandosi tra le larghe maglie del regolamento BIO e praticando microfiltrazioni, passaggi ai raggi UV, utilizzando azoto e prodotti enologici in grado sì di limitare l’utilizzo di anidride solforosa, ma che danno comunque origine ad un vino convenzionale, privo di personalità e completamente artefatto.
Non esita a dichiarare che ad un vino privato di tutte le proprie caratteristiche originarie preferisce di gran lunga un vino che presenti anche riduzioni o ossidazioni, per dirla tutta “un vin che sa da can”.
Durante la cena si sono avvicendate diverse altre bottiglie, tra cui l’ottimo Gardelin di Klinec e i prosecchi sperimentali di Gigi.
La serata prosegue tra chiacchiere, poesie, Gigi che entra in modalità saltimbanco e si mette a sputare fuoco, con i genitori di Maurizio che osservano un po’ perplessi ma divertiti.
A malincuore mi congedo, e lungo la strada mi rendo conto che in fondo, quell’autoambulanza cecoslovacca dismessa che permette a Gigi di fermarsi a dormire tranquillamente dove e quando vuole, in quel momento gliela sto invidiando parecchio…