Pagine

mercoledì 12 dicembre 2012

Intervista al colfòndo


di Michela Pierallini
etichetta superioreMi ritengo una donna fedele e le avventure non mi piacciono. Le ultime parole famose prima di incontrare lui. In Toscana una cosa del genere non mi sarebbe capitata, dovevo venire in Veneto perché tutte le mie abitudini cambiassero. Che carattere! Bello, con quell’aria spavalda di chi la sa lunga, un tono misterioso, un buon profumo e, soprattutto, schietto e sincero, uno da “pane al pane e vino al vino”. Esattamente come me, senza tanti fronzoli, moine e fiorellini, ma secco e diretto, ta-dan! Ecco il colpo di fulmine. Più che un ta-dan non saprei dire. La razionalità non c’entra, sono ben altre le componenti coinvolte, emotive, emozionali, caratteriali, forse anche culturali, e chi può dirlo. Sta di fatto che mi sono innamorata, per fortuna ricambiata. Siamo qui, insieme, dopo dieci anni gioiosi e briosi e ho deciso di intervistarlo perché non sono così egoista da tenerlo nascosto. Il mondo apprezzerà. Ringrazio il mio caro amico Maurizio Donadi titolare dell’Azienda Casa Belfi per avermi aiutato in questa conversazione, soprattutto per averla tradotta in italiano dal dialetto trevigiano.
Iniziamo dal tuo nome, perché ti chiami Colfòndo?Perché sul fondo della bottiglia ci sono i miei lieviti di fermentazione
Come mai si trovano lì? Sono caduti?

Proprio così. Una volta che hanno finito la fermentazione cadono e si depositano sul fondo. Tutto gira intorno ai miei lieviti, mi danno le bolle, mi mantengono giovane e mi rendono dolce.
Che bello, perciò Colfòndo  è un nome che dice molto di te. Le tue origini sono trevigiane oppure i tuoi avi sono arrivati da altri paesi, magari dall’America?
Le mie origini sono trevigiane DOC,  i miei antenati sono nati qui e anch’io sono stato creato come da tradizione di famiglia.
E sai più o meno quando?
Di preciso non lo so, ma in famiglia siamo sempre stati così. La rifermentazione fatta in bottiglia è un metodo di spumantizzazione molto antico e mi distingue moltissimo dal mio fratellastro Charmat, che è tutto tecnica e tecnologia. Charmat per vivere ha bisogno di macchine, autoclavi, filtri, impianti isobarici per l’imbottigliamento invece io sono molto semplice e poco esigente. La maggior parte delle cose le faccio da solo, mi basta soltanto un po’ di zucchero per fare le mie bollicine e poi in solitudine, piano piano, mi riposo al fresco e al riparo della luce.
E’ vero che i tuoi nonni nascevano tutti nel periodo di Pasqua?
Si, la rifermentazione in bottiglia avviene a Pasqua poiché in questo periodo arriva  la primavera, le temperature si alzano, i lieviti si risvegliano e si mettono al lavoro.
Quindi hai una famiglia alle spalle che ha sempre regolato le nascite perché il Colfòndo nascesse a Pasqua. E’ così ancora oggi o qualcosa è cambiato?
Per quelli che rispettano la tradizione, come la mia famiglia, il periodo di nascita è soltanto quello di  Pasqua, ma ci sono molti altri che nascono in tutti i mesi dell’anno oppure in altri modi. Noi siamo seri nel rispettare la tradizione e i princìpi tramandati. L’unica variante di modernità che possiedo è il controllo analitico, che prima non c’era. Nasco a Pasqua e provengo semplicemente dall’uva: non sono filtrato, non sono chiarificato e non subisco nessuna lavorazione. L’uva è trattata in vigna con i soli prodotti ammessi in agricoltura biologica e biodinamica.
Hai goduto di una coltivazione sana, del sole, ti ricordi com’era quando eri ancora grappolo, appeso alla vite?
Sì che mi ricordo. Ero in mezzo al caos, c’era l’erba alta e un numero indefinibile di insetti che mi facevano il solletico. Maurizio la chiama biodiversità. Siamo in tanti, sia a livello di erba e piante spontanee che di microrganismi. C’è un bel clima, ci sono molte interazioni, scambi, competizioni e gare.
Quali competizioni?
C'è competizione a livello di microrganismi, di malattie, di lieviti, batteri da fotosintesi, come in ogni parte del mondo esistono i buoni e i cattivi… abbiamo il nostro credo, la nostra Bibbia trasmessa dagli EM (microrganismi effettivi), tutto il mondo è paese, cosa credi?
Ti sei ammalato quando eri uva? Hai preso anche tu la peronospora o l’oidio?
Sai, quando c’è molta umidità come qui nella zona del Piave, è facile ammalarsi. Quest’anno, nel 2012, ho avuto qualche piccolo acciacco iniziale tra maggio e giugno, poi nulla fino a settembre: mi è andata bene. Ho i miei anticorpi buoni e forti, le mie fitoalessine sono sempre attive.
Raccontami del tuo viaggio dalla vigna alla cantina, come sei diventato mosto?
Mi hanno macerato, in parte come fossi un vino rosso e sono stato un bel po’ con il mosto e la vinaccia, almeno per una settimana.
Permettimi una domanda piccante, ma sulla vinaccia per una settimana, che cos’hai fatto?
Ehehehe, le ho estratto tutto, l’ho spolpata! Sono un vino passionale. Alla fine della fermentazione sono stato pressato.
Sento molto parlare di un’anidride solforosa che viene aggiunta al vino: tu la conosci?
No, l’unica che possiedo la auto produco con i miei lieviti indigeni. Non ho bisogno di aggiunte.  Certo che devo essere vestito ed equipaggiato bene per fare il mio cammino, un po’ come un’alpinista che parte per una scalata in alta montagna. Faccio esattamente come lui  che si porta tutto il necessario per vivere. Faccio un po’ di macerazione per arricchirmi di tannino, così aumento la frazione antiossidante che deriva dalla lisi del lievito. Non mi spoglio con chiarifiche e non vengo filtrato: infatti sono torbido e pronto per la mia scalata, tornando all’esempio dell’alpinista.
Il tannino di cui parli, come lo percepisco quando ti bevo? Di solito quando si parla di tannino si pensa al vino rosso.
Essendo un prosecco, dire tannino è una parola grossa, ma qualche estrazione dai vinaccioli o dalle bucce, durante la leggera pressatura c’è. Ti accorgi che ci sono i tannini perché manca quella nota ossidativa che a volte puoi trovare. Il tannino, infatti, preserva le mie caratteristiche.
Scusami se torno al momento di passione con la vinaccia: dopo che ti sei divertito a spolparla, hai sentito il bisogno di riposarti?
Sì. Per questo, a fine fermentazione, mi infilano in contenitori di acciaio e continuano ad agitarmi ogni due, tre giorni per tenermi sempre sporco. E’ uno sporco pulito, comunque, perché sono i miei lieviti buoni.
Si avvicina Pasqua, sei contento di essere messo in bottiglia?
Prima di Pasqua prendo anche una bella botta di freddo. Maurizio mi fa stare tutto l’inverno in un serbatoio all’esterno, così, sfruttando le basse temperature invernali, inizio a stabilizzarmi a livello tartarico in modo naturale.
Non ti senti un po' stretto in bottiglia?
A me piace stare in bottiglia, sono un po’ più coccolato, poi mi toccano spesso, mi girano, mi vestono con la mia bella etichettina e poi….frequesnto tanti bei locali!
Mi sa che sei un segno di terra… Quando esci dalla tua bottiglia, c’è un bicchiere particolare che vorresti trovare, dove tuffarti?
Il bicchiere di per sé è ininfluente: passo dal gotto sulla tavola senza tovaglia, al calice di cristallo, al bicchiere ISO. Io mi esprimo ovunque e dico sempre la mia.
Non cambiano i tuoi profumi in base al bicchiere?
Veramente cambiano di più in base a come sono io.Molto bene Colfondo, basta chiacchiere: ora ti faccio mio! Sento profumi di lieviti freschi, quelli che si idratano per fare il pane e poi una dolcezza quasi di miele di tiglio che non è stucchevole perché è fresca, è qualcosa di vivo. Sono d’accordo con te, sono fiori di glicine, un profumo lieve portato dal vento, molto delicato. Che cosa strana, sei un prodotto trevigiano, sei nato qui, però a me ricordi le giornate un po’ ventose della Toscana dove il profumo di glicine e giaggioli arrivava alla porta di casa. Il miele di tiglioinvece mi ricorda il viale alberato di Firenze. E’ vero che con te non si sa mai dove stiamo viaggiando.
Ti fa piacere che chi ti beve ti proponga determinati piatti in abbinamento oppure no?
Può farmi piacere, ma non è quello che voglio. Ognuno ha i suoi gusti, le sue abitudini di bere e  mangiare. Non posso dire io come devo essere bevuto, se per aperitivo o abbinato a qualcosa. Maurizio mi beve con il pesce, con la carne, con le verdure, anche con i dolci se ha voglia di un vino secco. Mi conosce, sa prendermi per quello che sono.Diciamo che la tua famiglia è riconoscibile per queste caratteristiche di vivacità e di freschezza. Inoltre non disdegni  di essere lasciato in bottiglia ad evolvere poiché i tuoi lieviti e questa componente di tannino estratta dalla macerazione, ti permettono di mantenerti a lungo.
Riesci a collocare nello spazio temporale un Colfòndo originale?

Come azienda direi mio fratello dell’Azienda Coste Piane di Loris Follador, Costa di Là dell’amico Ernesto, Gatti, e tanti altri ancora. Il mio vitigno si chiama glera, ex prosecco,  ed è lo stesso per tutti i Prosecco dalla DOC alla DOCG. Colfòndo è solo un nome aziendale per identificare un metodo di produzione non ancora ufficiale. Ci stiamo muovendo anche per questo.
Perché stai in una bottiglia trasparente?
Per farmi vedere.
Allora sei un esibizionista?
Un po’ sì, devo farmi conoscere perciò ho bisogno di trasmettere tutto, anche il mio colore.
E il problema del gusto luce? Le problematiche dell’ossidazione?
Eh, se io riesco a mantenermi sano e bello anche con la bottiglia trasparente, divento un mito! Ho i miei lieviti che mi mantengono dappertutto. L’effetto spugna che faranno nel tempo, una volta finita la lisi, assorbiranno l’effetto luce. Ho tutte le caratteristiche per essere un vino longevo, più che un grande vino, e spero di riuscire a dimostrarlo.
Dobbiamo conservarti in piedi o sdraiato?
Sempre sdraiato. E ogni tanto mi piace essere girato, tenuto sempre un po’ mosso, in ambiente fresco.
Quali sono i commenti che senti più di frequente?
Chi mi beve dice che sono particolare, che sono un vino non per tutti.
Quindi ti senti compreso nelle tue peculiarità?
Si, sono un vino un po’ difficile. Riconosco di avere il mio caratterino ma una volta chiarite le mie origini e raccontata la mia storia, tutto risulta più semplice. Non ho nessun interesse ad essere per tutti, io voglio soltanto essere me stesso. Se non piaccio, sono contento che scelgano un prosecco diverso, per fortuna ce ne sono tanti. Io ho la mia personalità, provengo da un’agricoltura attenta, sana e consapevole. So il fatto mio.
Sai che più andiamo avanti e più mi sembra di assomigliarti? Posso dire di te che sei come quei  bimbi che cres,cono in libertà e poi, quando sono diventati grandi, riescono ad esprimersi liberi da condizionamenti?
E' proprio quello che voglio. Io sono esattamente come Maurizio, il mio creatore, mi ha voluto.Mi piaci Colfòndo, non ti lascerò mai. Grazie per ricambiare il mio amore. Non posso andare via prima di aver bevuto e brindato insieme a Maurizio, che mi dice ancora qualcosa di molto interessante.Dato che dentro al vino, e sul fondo, ci sono i lieviti, è importante che l’uva provenga da un’agricoltura biologica, senza uso di prodotti chimici. Il lievito, una volta finita la fermentazione, ha un effetto  detossificante. La membrana cellulare dei lieviti, che agisce come una spugna, va ad assorbire tutte le tossine che trova all’interno del vino e tra queste possono esserci anche fitofarmaci. Quando vado a bere un vino non filtrato e non chiarificato, da agricoltura convenzionale, posso essere quasi certo di bere anche gran parte delle ‘schifezze’ messe in campo dall’agricoltore, con tutte le conseguenze che hanno i prodotti di sintesi, che sono cancerogeni e tossici. Io consiglio di porre una particolare attenzione ai vini non filtrati e non chiarificati, che siano almeno certificati biologici. Purtroppo oggi ci siamo fissati sulla dicitura “contiene solfiti” e non consideriamo tutto il resto che invece è molto importante. Io bevo soltanto Colfòndo biologico e consiglio a tutti gli amanti dei rifermentati in bottiglia di informarsi e poi scegliere il meglio".Sono molto contenta di sentire questo perché amo il Colfòndo  nella sua integrità: mi piace muoverlo e berlo completo dei suoi lieviti. Anche a lui piace essere bevuto intero e non privato di qualche parte. Lieviti sani e genuini derivano da un’agricoltura senza chimica. Anche questo è bere consapevole.